Avevo già incontrato molti Albanesi in Italia e molti ancora non li avrò riconosciuti, visto la loro bravura nel parlare italiano. Quando atterrai in Albania la prima volta il primo contatto fu un codone di tassisti che cercavano di convincermi a fruire dei loro servizi mentre mi recavo alla fermata degli autobus. Mi sorprese la loro gentilezza, anche in un atto, che è di per se invasivo.
Io ci ho provato a parlare in albanese, lo giuro, ma era più forte il desiderio dei locali di parlare in italiano… e chi sono io per deluderli. Viaggiando all’estero da una vita e vivendo da anni ormai fuori dai confini nazionali non posso perdere un’occasione per parlare la mia lingua. Le ragioni di tale diffusione sono facili da intuire. Gli albanesi sono cresciuti guardando la televisione e i film italiani, come i rumeni, molti di loro hanno lavorato in Italia per anni, prima di ritornare in patria con il loro bagaglio di esperienze, come molti greci.
Ultimamente sono stato in Albania nel periodo in cui si giocava lo spareggio Italia – Svezia per le qualificazioni ai mondiali di calcio Russia 2018. Ogni locale o ristorante era sintonizzato sulla partita. Quando fummo eliminati, nel ristorante dove mi trovavo, calò il gelo. Io pensavo per indifferenza, nonostante stessero chiaramente tifando Italia. Nei giorni successivi invece, chiunque incontrassi non mi parlava d’altro. Un vecchio ristoratore di Sarandë mi confessò di aver pianto. Rimasi sorpreso, ma non del tutto.
Girando per i negozi i prodotti italiani la fanno da padrone, nonstante credo che ci sia stato un calo negli ultimi anni, grazie all’aumento della produzione locale e l’apertura al mercato mondiale. L’apprezzamento è però palese, soprattutto per i classici, prodotti alimentari e moda. Più di ogni altra città, Valona (Vlöre) e Durazzo (Durres) mi hanno dato pesantemente l’impressione di cercare ispirazione nello stile italiano, forse perché sono i due principali porti rivolti allo Stivale.
Visitare l’Albania deve essere destabilizzante per un Italiano. In particolare, per chi ha elevato a sport nazionale l’autocritica non costruttiva e l’autorazzismo. Vedere una tale stima nei nostri confronti, nonostante ragioni storiche per biasimarci ne avrebbero, mi ha responsabilizzato. Mi ha spinto a comportarmi meglio che potessi con loro e a ripudiare lo stereotipo dell’Albanese ignorante e violento diffuso in Europa occidentale. Viaggiate in Albania e parlate agli albanesi; è una terapia, è catartico, è liberatorio.